Talvolta la soluzione è peggiore del problema: senza i dovuti accorgimenti e le precauzioni del caso, anche l’estrazione delle terre rare potrebbe diventare così.
Ci sono molti modi per intervenire prima ed evitare che ciò accada: quello che manca è (ancora una volta) la volontà prima ditutto di riconoscere il problema.
Le sempre più sofisticate tecnologie del nostro tempo hanno bisogno di metalli rari, la cui estrazione rappresenta un importante impatto sul pianeta.
La situazione non è molto dissimile da quanto il mondo ha imparato a conoscere nel corso dei secoli grazie all’attività mineraria “classica”.
Oggi, a quanto già osservato in passato si aggiunge la ricerca spasmodica di metalli cruciali per lo sviluppo delle nuove tecnologie, che lascia sul territorio spesso devastanti conseguenze.
Tuttavia, anche in presenza dei casi peggiori, la natura ha la possibilità di recuperare e/o di rendere accettabile la situazione.
Come nella soluzione strategica presentata oggi, che arriva direttamente da un lavoro (pubblicato nel gennaio 2024) condotto in Sudafrica, in presenza di una grave forma di contaminazione multi-metallica.
Un contesto difficile nel quale, ancora una volta, le soluzioni naturali hanno dimostrato tutto il loro straordinario valore.
Estrazione Terre Rare: Il “Secondo Impatto”
Non è un riferimento al famoso “Second Impact”, raccontato in uno degli Anime più famosi ed amati della storia, Neon Genesis Evangelion.
In questo caso, il contesto è quello delle aree minerarie in generale, icnluse anche molte dedicate alla ricerca ed all’estrazione delle terre rare.
Il lascito di contaminazione metallica è sempre molto significativo e la cosa più importante è che, una volta liberati, i metalli possono muoversi e raggiungere le aree circoostanti piuttosto facilmente.
Senza contare il rischio che possano incontrare corsi d’acqua e sfruttarli proprio come fossero vere e proprie “autostrade” per estendere la contaminazione anche molto più lontano.
In particolare, concentriamo l’attenzione sul drenaggio acido delle miniere.
A questo link si trova una esaustiva spiegazione del fenomeno.
In sintesi, l’ambiente della zona mineraria è profondamente alterato, per la forte acidificazione delle acque presenti, unitamente al pesante carico di metalli tossici liberati.
Se al termine delle operazioni non si ripristina la situazione, il rischio di coinvolgimento di altre zone è molto reale.
Dopo (E Durante) L’Estrazione Delle Terre Rare
Non soltanto acidificazione, ma anche aumento di salinità e presenza di altri inquinanti, tra cui i metalloidi (come l’arsenico).
Il contesto ambientale può dunque essere persino più critico, senza dimenticare che, in presenza di metalli rari, è possibile anche una loro significativa presenza.
Questo ha indotto molti studiosi ad ipotizzare soluzioni che vanno in una duplice direzione: prima di tutto, la rimozione dei metalli tossici e contemporaneamente il recupero dei metalli rari.
In realtà, c’è una terza funzione teoricamente possibile.
Infatti, oltre alla doverosa rimozione dei metalli pesanti ed all’auspicabile (ma non certo) recupero efficace dei metalli rari, c’è anche la possibilità di valorizzare (per altri scopi) le piante eventualmente utilizzate per risanare questi ambienti così contaminati.
Questo è il motivo che sta alla base della soluzione di oggi la quale, come stiamo per scoprire, riuesce bene però soltanto in due dei precedenti tre aspetti citati.
La chiave di tutto sta nella co-coltivazione.
Dall’Estrazione Di Terre Rare Alla Co-Coltivazione
Normalmente, dopo le attività minerarie, sono possibili due cose:
- Non accade nulla
- Si effettua un intervento di rivegetazione
Il primo caso, checché se ne dica, è ancora molto (troppo) frequente.
Nel secondo caso, l’intervento di piantumazione di elementi naturali “giusti” può consnetire di raggiungere scopi importanti.
Ad esempio, il ripristino di vitalità dell’area, la biodiversità e, cosa non trascurabile, la rimozione di buona parte degli inquinanti lasciati dalle operazioni minerarie in passato.
Nella soluzione di oggi, la parola chiave è “co-coltivazione”, vale a dire la coltivazione simultanea di due elementi naturali, che possano assolvere ad altrettante, importantissime, funzioni.
In aggiunta ai due elementi naturali selezionati, è importante addizionare il suolo contaminato di altri prodotti naturali (es. il Biochar) che possano amplificare le capacità di rimozione dei contaminanti da parte delle piante scelte per fare questo lavoro.
Vetiver e Medicago truncatula Come Scelte Di Successo
Lo incontriamo oggi per la prima volta sulle pagine della Fabbrica, ma tante volte ancora lo incontreremo.
Il Vetiver è una pianta “cruciale” per molti interventi di risanamento ambientale, anche in contesti di particolare criticità, come questo (ma anche altri, persino più rischiosi).
Questa soluzione ha proprio nel vetiver la sua “punta di diamante”; comunque, a supporto dell’azione di questa importante pianta, c’è anche una leguminosa emblematica, per le sue caratteristiche specifiche.
Si tratta dell’erba medica troncata (Medicago truncatula), che risulta particolarmente utile in casi come questo, infatti, spesso è ottima candidata per la coltivazione e/o rivegetazione delle “terre marginali”.
Queste aree sono caratterizzate da un basso valore, date le caratteristiche del suolo (povero e non utilizzabile per ottenere buoni raccolti).
In queste zone, proprio elementi naturali come la Medicago truncatula possono essere coltivate con successo sia a scopo di valorizzazione, sia per fare da “barriera” all’avanzamento degli inquinanti che arrivano dalle aree ex-minerarie.
Una Soluzione A Doppia Azione Per Le Aree Di Estrazione Delle Terre Rare
Vetiver e Medicago truncatula sono elementi naturali che funzionano bene in questo contesto, tuttavia l’aggiunta del Biochar li aiuta notevolmente.
In particolare, c’è un tipo di Biochar da utilizzare in queste circostanze, che è quello derivato dalla paglia di grano.
Da un lato, l’aggiunta di Biochar favorisce l’assorbimento degli inquinanti, mentre dall’altro migliora alcune caratteristiche essenziali del suolo.
Nel caso di riferimento, la contaminazione multi-metallica ha visto la presenza contemporanea prevalente di cromo, zinco ed arsenico, su tutti.
Una volta piantumati sia il Vetiver che la Medicago truncatula, si è potuto osservare che il primo ha un’azione determinante nella riduzione della disponibilità dei metalli.
Grazie a questa azione, l’altro elemento (l’erba medica troncata), può crescere meglio e rivegetare anche completamente sia l’area che fu di estrazione di terre rare, sia le zone marginali di poco valore che si trovano nell’intorno.
I risultati numerici che si possono ottenere, sono molto incoraggianti e lasciano ben sperare per il successo in alctri casi simili.
I Risultati Del Risanamento Ambientale Nelle Aree Di Estrazione Delle Terre Rare
La durata dell’intervento è di 90 giorni, anche se le tempistiche possono essere aggiustate.
Al termine di questo lasso di tempo, si è potuto osservare che la co-coltivazione con il Vetiver ha permesso alla Medicago truncatula di assorbire l’80% in meno di cromo, il 32% in meno di zinco ed il 54% in meno di arsenico.
Il riferimento è rispetto ai casi in cui non avviene la co-coltivazione con il Vetiver.
Inoltre, si è rilevato che la Medicago piantumata in presenza di Vetiver ha una significativamente maggiore tolleranza ai metalli, quindi riesce a sopravvivere meglio nonostante assorba una certa quota di questi inquinanti.
Infatti, avviene una maggiore traslocazione dei metalli dalle radici, che sono portati verso le parti più alte della pianta.
Tuttavia, c’è un altro aspetto da considerare, che non è legato alla co-coltivazione ma riguarda l’effetto diretto del Biochar usato come additivo.
Un Risultato Persino Migliore Grazie Al Biochar
Molte volte lo abbiamo incontrato ed ancora lo incontreremo, quasi come fosse una costante dell’azione per il risanamento e/o protezione ambientale.
L’aggiunta del Biochar derivato dalla paglia di grano ha un effetto diretto, nel contesto di questa soluzione: la sua aggiunta va a ridurre ulteriormente l’assorbimento del cromo (71%) e dello zinco (36%).
Non solo: il Biochar consente anche di aumentare di un ulteriore 40% la biomassa della Medicago truncatula.
Questi valori rappresentano un miglioramento che si aggiunge all’azione “semplice” del Vetiver, configurado così una strategia più completa ed in grado di ottenere risultati molto importanti.
Pertanto, si può affermare che per quanto riguarda lo scopo “rivegetazione” e quello del “risanamento”, le cose vanno molto bene.
C’è un aspetto, tuttavia, per il quale questa soluzione necessita di una integrazione.
Il Recupero Dei Metalli Rari Residui Non Funziona
Sia le piante prese singolarmente, che insieme e con l’aggiunta del Biochar, non riescono ad avere un buon risultato nell’estrazione del metalli rari residui.
Infatti, l’assorbimento è ai minimi termini, con un solo 0.2% di assorbimento, sul totale dei metalli rari che ancora sono presenti al suolo, dopo il termine delle operazioni di estrazione delle terre rare.
Il recupero dei metalli rari va dunque integrato con altri elementi naturali (che scopriremo in successive occasioni).
Per il momento, tutte le zone minerarie interessate dagli effetti ambientali avversi dovuti al drenaggio acido delle miniere, dovrebbero dotarsi di questa soluzione sia per rivegetare che per impedire agli inquinanti presenti di muoversi nell’ambiente.
Due successi che già da soli valgono moltissimo.
Una Strategia Salva-Pianeta Dopo L’Estrazione Delle Terre Rare
In sintesi, la co-coltivazione di Vetiver e Medicago truncatula, con l’aggiunta del Biochar, determina una immobilizzazione della maggior parte dei metalli pesanti al suolo.
Di conseguenza, ne passano molti di meno alle piante in grado di assorbirli; al contempo, le stesse piante diventano più tolleranti agli ambienti contaminati dagli stessi metalli.
I meccanismi probabilmente implicati in questo riguardano le reazioni chimiche che avvengono nella rizosfera (zona delle radici), con il risusltato di fare in modo che l’apparato radicale non assorba la maggior parte degli inquinanti presenti.
Tuttavia, utilizzando diversi elementi naturali ed anche la combinazione tra gli stessi, non si ottengono gli stessi risultati.
Questo dimostra che avvengono anche risposte fisiologiche e molecolari molto specifiche per le piante considerate.
A margine di ciò, c’è un’ultima importante conseguenza.
Verso Il Migliore Recupero Delle Aree Più Contaminate
L’uso di questa “accoppiata” di elementi naturali favorisce la “fitostabilizzazione”, piuttosto che non il “fitoassorbimento”.
Infatti, i metalli restano al suolo ma sono impediti nei movimenti e non vengono, in larga percentuale, captati dalle radici delle piante.
Applicare questa soluzione nelle aree che furono di estrazione di terre rare ed anche nelle zone limitrofe ad alto rischio di questo “secondo impatto”, è molto importante.
Infatti, c’è la possibilità di ottenere, allo stesso momento, sia il recupero delle aree più fortemente contaminate, sia quelle vicine ma anche altre che possono avere anche una destinazione d’uso agricola.
Questo è il vero punto della situazione.
La concreta possibilità di trasformare aree a potenziale impatto in zone agricole, cominciando con la valorizzazione di leguminose da destinare ai più diversi scopi.
Tutto possibile grazie al Vetiver ed al Biochar, in associazione con la Medicago truncatula.
Conclusioni
Noin è necessario sottolineare la grandissima importanza dell’estrazione delle terre rare sul piano della salute pubblica e dell’igiene ambientale.
Un pò come accade per il riciclo dei RAEE, si tende a “non voler vedere” il rischio, perché le attività sono connesse con altre, tipicamente “green” e “sostenibili” (fino a che punto, poi, va dimostrato).
Tuttavia, è proprio in questi casi che si può dare una connotazione “vera” e concreta al termine di “transizione ecologica”.
Un’azione molto ecologica, ad esempio, è quella di mettere in campo soluzioni naturali per impedire ai metalli residui delle miniere di muoversi.
Fare in modo che la natura possa fare da barriera alle molte minacce, anche tecnologiche, cui il mondo sta andando incontro: ecco un’altra possibile espressione pratica del termine “transizione” applicato alle tecnologie che si suppone siano davvero green.
C’è molta strada da fare per rendere il pianeta un posto migliore per la qualità della vita, soprattutto per le enormi disparità in fatto di localizzazione dei rischi.
Per chi, infatti, non ha a che fare con l’estrazione di terre rare, la strategia di oggi potrà sembrare superflua.
Per chi, al contrario, non può più avere acqua potabile a causa della contaminazione mineraria, questa soluzione può salvare la vita.