Sapendo che esistono diverse piante acquatiche per contrastare svariati inquinanti presenti negli scarichi industriali, non le usereste come strumenti di protezione aggiuntiva?
Questo è il vero tema della soluzione di oggi.
Di fronte alla possibilità di ridurre ulteriormente il carico di inquinanti industriali nell’ambiente, è importante conoscere quali elementi usare.
Tuttavia, anche la combinazione degli elementi naturali è importante: assortimenti diversi possono infatti restituire risultati altrettanto diversi.
Sia le piante tipicamente acquatiche, che quello presenti sulle rive, possono giocare un ruolo essenziale per limitare, in alcuni caso addirittura arrestare, la diffusione di molti inquinanti sul territorio.
Inoltre, non va mai dimenticata l’importanza della biodiversità: per usare una pianta, in un determinato habitat, è necessario conoscerne la compatibilità con il contesto in cui essa è inserita.
Una strategia tanto complessa quanto versatile, per raggiungere risultati di staordinario valore.
Piante Acquatiche: Un Contesto Complicato
La prima accortezza da avere quando si pensa all’uso delle piante acquatiche per rimuovere, o comunque arrestare, gli inquinanti industriali è la tipologia.
Non tutte le piante funzionano bene per intervenire su uno o più inquinanti, pertanto bisogna conoscere in anticipo sia il problema, sia il potenziale effetto delle piante da utilizzare.
In tal caso, è essenziale fare riferimento ad un contesto speciale, sempre più frequente, che sempre più lo sarà in futuro.
Si tratta della contaminazione “multi-metallica“, vale a dire caratterizzata dalla presenza simultanea di più metalli (e metalloidi) insieme.
Questo accade per due motivi: il primo, la non completa efficienza degli impianti industriali di depurazione.
Il secondo, l’aggiunta dei metalli (così come di altri inquinanti organici), direttamente da altre fonti, variamente sparse sul territorio.
In tali casi, oltre alla contaminazione “multi-metallica”, si potrà avere a che fare con una contaminazione “organo-metallica”.
Le piante acquatiche, comunque, possono funzionare molto bene in entrambi questi contesti.
Il Ruolo Delle Piante Acquatiche Emergenti (Macrofiti)
Si chiamano macrofiti e hanno la caratteristica di essere “emergenti”, vale a dire piantumate sul fondo ma che emergono dall’acqua.
Inoltre, possono trovarsi anche in coincidenza delle rive dei corsi (e degli specchi) d’acqua, il che configura una sorta di “doppia protezione”, sia in acqua che sul perimetro.
Queste piante crescono naturalmente, se ne possono già trovare molte proprio nei luoghi di interesse per l’intervento nei confronti dell’inquinamento industriale.
Il vero “problema”, però, sta nel fatto che queste piante acquatiche non sono disposte ed organizzate sul territorio in modo tale da intercettare e successivamente rimuovere (o immobilizzare) gli inquinanti portati di reflui industriali.
E’ proprio in questo che una buona strategia può fare la differenza.
Prendere prima di tutto in considerazione le piante che sono già presenti e fare in modo che possano espletare la loro azione anti-inquinamento con la massima efficacia.
Quasi come si trattasse di un “gioco di simulazione strategica”, per contrapporre al rischio ambientale la migliore “truppa” di elementi in grado di contrastarlo.
Le 10 Piante Acquatiche Da Usare
Prima di presentare le piante acquatiche considerate più adatte allo scopo, va premesso che ne esistono molte di più.
Pertanto, in ossequio al principio di tutela della biodiversità, così come anche per evitare di utilizzare piante invasive in grado di alterare i delicati equilibri degli ecosistemi, è necessario fare una valutazione della tipologia di piante che crescono sul territorio.
Potrebbe capitare di trovarne altre, egualmente utili, da usare senza incappare in rischi aggiuntivi.
Detto questo, ecco le 10 piante “migliori” da prendere sempre in considerazione:
- Carex riparia
- Cyperus longus
- Cyperus rotundus
- Iris pseudacorus
- Juncus effusus
- Lythrum salicaria
- Menta aquatica
- Phragmites australis
- Scirpus holoschoenus
- Typha angustifolia
Alcune di queste piante, come l’Iris pseudacorus, ma anche il Cyperus, così come la Typha e la Phragmites, hanno una estensiva letteratura scientifica di riferimento.
Alcune di esse sono infatte noti iperaccumulatori di metalli: tuttavia, ciò che le rende particolarmente adatte ad interventi di risanamento ambientale, è la grande efficacia anche nei confronti degli inquinanti organici.
Anche I Tempi Dell’Azione Sono Importanti
Indipendentemente dalle piante acquatiche utilizzate, c’è un fattore che spesso rende le cose complicate e tende a ridurre l’efficacia dell’intervento di risanamento ambientale.
Si tratta dei tempi, soprattutto quando sono lunghi.
Dopo un certo tempo, infatti, ci si attende una perdita dell’efficacia dell’assorbimento (o della immobilizzazione) degli inquinanti, per via di molti fattori, non ultima la saturazione.
Ecco perché è importante creare strategie che possano funzionare per un tempo abbastanza lungo.
In questo caso, il riferimento è alla strategia composta di tutte e 10 le piante acquatiche, lungo un arco temporale di 90 giorni, in presenza di contaminazione multi-metallica di origine industriale.
Tuttavia, per rendere l’azione più efficace (ed anche sostenibile nel tempo), c’è un elemento da aggiungere.
Un Supporto All’Azione Delle Piante Acquatiche
Anche in passato abbiamo incontrato dimostrazioni circa l’importanza del ruolo dei batteri come supporto all’azione di altri elementi naturali, nell’ambito di interventi per il risanamento ambientale.
In questo caso, alle piante acquatiche si aggiungono particolari rizobatteri, in grado dicreare una simbiosi con le piante stesse.
Il risultato è un aumento delle capacità delle piante acquatiche di rimuovere (in alcuni casi) ed immobilizzare (in altri) gli inquinanti presenti.
Anche per quanto riguarda la scelta dei rizobatteri da aggiungere, non sono tutti uguali e possono variare da zona a zona.
Questo è un dettaglio in grado di fare la differenza: come ci sono le 10 piante “migliori” per questi casi, esistono almeno 3 ceppi batterici da considerare per fare da supporto alla strategia.
Gli Effetti Della Contaminazione Sulle Piante
Prima di scoprire il comportamento delle varie piante acquatiche in presenza di metalli e metalloidi, va detto che quasi tutte le piante, tranne una, mostrano piccoli segni di sofferenza.
Questo è dovuto alla presenza del mix di contaminanti, ma l’uso dei rizobatteri fa si che le piante possano sopravvivere ed esercitare una doppia funzione contro l’inquinamento.
Tale doppia azione è rappresentata dall’assorbimento e dall’immobilizzazione: entrambi questi due meccanismi hanno un importante ruolo.
La pianta che invece dimostra di giovarsi degli effetti dell’inquinamento è la Carex riparia.
Un caso molto più che interessante, considerando che si tratta di una pianta acquatica dai molti usi possibili (la ritroveremo anche in altre occasioni).
In pratica, la Carex aumenta la propria biomassa, laddove le altre piante acquatiche la perdono lievemente (oppure mantengono un aspetto simile a quello che avrebbero in assenza di contaminazione).
In modo meno evidente della Carex riparia, ma comunque apprezzabile, anche la Menta aquatica dimostra di giovarsi della presenza degli inquinanti.
I Risultati Dell’Azione Delle Piante Acquatiche
Le piante elencate sopra non hanno tutte lo stesso effetto sull’inquinamento da reflui industriali.
In termini di percentuali, metalloidi come l’arsenico e metalli come cadmio, rame, nickel e piombo, risultano assorbiti per oltre il 60%.
Altri meccanismi, come l’immobilizzazione, permettono di agire sull’80% ed oltre di altri metalli, come il ferro e lo zinco.
Una doppia azione, anche se in generale è l’immobilizzazione (o fitostabilizzazione) a giocare il ruolo più importante ai fini del risultato finale.
I macrofiti utilizzati per questo scopo sono infatti da considerare come degli “attenuatori sotterranei”: essi hanno infatti una spiccata capacità di trattenere i metalli ed i metalloidi per evitare che questi inquinanti possano muoversi nell’ambiente.
Tuttavia, ci sono alcune importanti eccezioni.
Un’Azione Speciale Nei Confronti dell’Inquinamento Acquatico
In media, la concentrazione dei metalli e dei metalloidi a livello delle radici è tra le 10 e le 100 volte superiore a quella che si trova nelle parti più alte di queste piante acquatiche.
L’azione “stabilizzante” nei confronti degli inquinanti presenti in acqua è più marcata in alcune delle piante prese ad esempio.
Si tratta delle seguenti:
- Lytrum salicaria
- Mentha aquatica
- Scirpus holoschoenus
- Typha angustifolia
Ci sono poi altre piante, come l’Iris pseudacorus, il Cyperus longus e la Carex riparia, che offrono una possibilità aggiuntiva molto interessante.
Togliendo alcune parti superiori di queste piante con regolarità è possibile effettuare una estrazione complementare sia di ferro che di zinco, inquinanti che normalmente sono soltanto stabilizzati al suolo.
Un Bilancio Sull’Efficacia Delle Piante Acquatiche
Tra tutte le piante prese in considerazione, ce n’è una che restituisce il “migliore rapporto” tra biomassa ed assorbimento di metalli e metalloidi.
Si tratta dello Scirpus holoschoenus, che ha dimostrato di poter agire bene in presenza di molti metalli e metalloidi allo stesso tempo.
Inoltre, tra tutte le piante acquatiche elencate, è anche quella la cui biomassa appare maggiore in relazione all’assorbimento.
Non ci si può comunque attendere che tutti gli scenari siano identici, infatti un aspetto essenziale di questa soluzione riguarda proprio il contesto di partenza.
E’ essenziale raccogliere quanti più dati possibili non soltanto sulle piante e sulle loro interazioni, ma anche e soprattutto sui contesti di riferimento nei quali esse devono svolgere il lavoro di assorbimento e di immobilizzazione degli inquinanti.
Le Frontiere Sull’Uso Dei Macrofiti Contro L’Inquinamento
Questa soluzione dimostra che è possibile, anzi raccomandato, organizzare in certo modo le piante acquatiche per contrastare l’inquinamento ambientale anche sul campo.
Tuttavia, l’interazione con specifici microrganismi (es. rizobatteri) è sempre più importante per ottenere risultati migliori.
Il rapporto tra piante e batteri va indagato meglio, sia per quanto riguarda le interazioni tra microrganismi e pianta singola, ma anche e soprattutto nel contesto dell’interazione tra batteri e varie piante che si trovano sullo stesso sito.
Inoltre, questa soluzione basata su più piante acquatiche nasconde un’altra interessante opportunità.
E’ infatti possibile utilizzare soltanto una o alcune piante come “principali” in un detemrinato contesto ed associarne altre che ne completino l’azione.
In pratica, siti diversi possono essere risanati con piante acquatiche diverse, in momenti diversi, per rispondere alle specifiche esigenze della situazione.
Un’occasione da non perdere.
Conclusioni
Le piante acquatiche sono strumenti di grande valore per contrastare efficacemente l’inquinamento delle acque, dovuto alla presenza di scarichi industriali (e non solo).
La cosa forse più stimolante è la possibilità di creare tante sotto-strategie, a partire dall’uso potenziale di molte piante tutte nello stesso momento.
E’ ipotizzabile dunque la creazione di diversi schemi di intervento, basati su determinate piante, addizionate di determinati microrganismi, per ottenere risultati finali che si adattano alla situazione del caso specifico.
Poiché si sta andando verso una transizione ecologice che certo non elimina gli inquinanti, ma li rende per certi aspetti persino più ardui da rimuovere quanto presenti nell’ambiente (v. materiali sempre più tecnologici), avere questa base è molto utile.
Non solo: capire cosa fare adesso può essere decisivo per il prossimo futuro, quando le sfide da vincere saranno più complesse sia quantitativamente che qualitativamente.