Quante piante acquatiche si possono usare per risolvere (o almeno ridurre) gravi problemi ambientali? Sono davvero molte e la Salvinia molesta non fa eccezione.
In materia di risanamento ambientale con soluzioni naturali, il primo “comandamento” da usare è senza dubbio quello di cercare tra le risorse che già al momento sono disponibili.
Così facendo, si evita di alterare la biodiversità e, cosa persino più “pratica”, non si deve ricorrere a spese aggiuntive per avere la disponibilità di strumenti da indirizzare alla decontaminazione.
Nel caso delle piante acquatiche, una delle opportunità più ghiotte è quella di raccogliere le piante invasive e riconvertirle ad usi ambientalmente utili.
Questo può accadere per moltissime piante (non soltanto acquatiche, per la verità), come ad esempio la lattuga d’acqua, oppure la lenticchia d’acqua, solo per citarne alcuni.
Senza dimenticare la possibilità di creare un mix di svariate piante in grado di catturare o fermare un numero variabile di inquinanti ambientali.
Nel caso di oggi, si tratta di utilizzare per fini ambientalmente molto utili ed importanti una pianta decisamente invasiva e spesso ritenuta molto pericolosa per l’ecosistema.
Un esempio molto illustrativo di come intervenire per trasformare un rischio in beneficio.
Salvinia molesta: Un Nome, Una Garanzia
Anche chi non la conosce e/o non la ha mai vista in natura, si può rendere immediatamente conto delle caratteristiche di rischio che una pianta come la Salvinia molesta può avere.
Basta il nome, infatti, a caratterizzare questo elemento vegetale come invasivo ed “ingombrante” per l’ecosistema dove si viene a trovare.
Chiamata anche Salvinia gigante oppure Erba di pesce, ha la capacità di coprire (letteralmente) gli specchi d’acqua sui quali si trova e così facendo rende sempre più difficile la vita degli altri organismi.
Un problema di invasività non indifferente, che tuttavia può essere sfruttato per risolvere o almeno ridurre la gravità di un problema ambientale sempre più rilevante.
Grazie alle sua capacità di assorbimento dall’acqua, infatti, si è notato che la Salvinia molesta ha una grande affinità per alcuni microinquinanti.
In particolare questa pianta acquatica può essere utile per proteggere l’ambiente dalla presenza di un antibiotico: anch’essa, dunque, si configura come una sorta di “specialista” nei confronti di un inquinante specifico.
Con il risultato di riuscire a tutelare sia gli animali acquatici, sia la salute umana.
Salvinia molesta Per Contrastare L’Inquinamento Da Ciprofloxacina
L’antibiotico nei confronti del quale la Salvinia molesta ha dimostrato un ottimo assorbimento è la Ciprofloxacina.
Appartiene al gruppo dei fluorochinoloni ed è piuttosto diffuso anche a livello ambientale, il che determina una serie di problemi a livello degli animali acquatici, che possono assumerla e concentrarla nei loro tessuti.
Questo è un aspetto “critico” per gli esseri umani: infatti, quando si assume carne (es. di pesce) che contiene ciprofloxacina, essa entra nell’organismo umano e può esercitare tutti i suoi effetti nocivi (infatti entra in un organismo che non necessita della sua azione).
Ecco perché è importante contrastarla prima di tutto a livello ambientale, vale a dire che bisogna fare in modo di evitare che gli organismi acquatici, in particolare i pesci, la assumano.
A tal proposito, ci sono alcuni pesci che possono fare da indicatori biologici ed uno in particolare è stato scelto per testare e validare le capacità di protezione dalla ciprofloxacina esercitate dalla Salvinia molesta.
Si tratta della Rhamdia quelen, il pesce gatto del Sudamerica.
Salvinia molesta Ed Assorbimento Della Ciprofloxacina
Questa soluzione può risultare particolarmente utile laddove l’acquacoltura deve confrontarsi con rischi ambientali che arrivano dall’esterno.
C’è la possibilità, grazie alla Salvinia molesta, di assorbire la Ciprofloxacina a livelli molto soddisfacenti per tutelare la salute sia dei pesci che dei loro utilizzatori finali (gli esseri umani).
Arriviamo subito al risultato: questa pianta è in grado di rimuovere fino al 97% della ciprofloxacina presente nello specchio d’acqua che essa ricopre, in un tempo di 96 ore.
Si tratta di un risultato straordinario, che consente di evitare l’accumulo dell’antibiotico all’interno dei pesci presi come indicatori.
Questo è persino più importante se si pensa che gli organismi acquatici possono essere molto sensibili alla presenza di questo antibiotico.
Nel caso della Rhamdia quelen, infatti, si verificano alterazioni importanti sotto vari punti di vista (ematologico, genotossico, biochimico ed istopatologico) per concentrazioni nell’acqua comprese tra 1 e 10 microgrammi/L.
Senza contare che, sempre per queste concentrazioni, l’accumulo di ciprofloxacina nei tessuti dei pesci è ritenuto di livello alto per il consumo umano.
L’Aggiunta Della Salvinia All’Acqua Come Misura Sufficiente
Tutti gli effetti di danno presentati sopra non si verificano quando la Salvinia molesta viene posizionata sulla superficie dell’acqua.
Ecco perché si può dire che questa pianta è in grado di proteggere i pesci e, di conseguenza, anche la salute umana.
In pratica, i pesci non mostrano segni di sofferenza né tossicità e, cosa persino più importante, non c’è alcun accumulo di ciprofloxacina all’interno dei tessuti.
La rimozione del 97% in 96 ore, del resto, non consente agli organismi acquatici di accumulare una quota sensibile di antibiotico.
Per avere una garanzia totale, persino il prodotto finale (filetto di pesce) è stato campionato, al fine di scoprire l’eventuale presenza (anche minima) dell’antibiotico: i risultati sono stati tutti negativi.
Una Pianta Utile Contro La Resistenza Microbica
L’azione della Salvinia molesta è molto importante anche in chiave di contrasto al fenomeno della resistenza microbica.
Questo perché, ad oggi, non esistono strategie certificate e protocolli validati per intervenire “a valle”, quando cioè i farmaci sono già presenti a livello ambientale.
Abbiamo in passato già incontrato il ruolo essenziale delle microplastiche, che possono favorire l’antibiotico-resistenza direttamente ed indirettamente.
Una particolare attenzione merita ad esempio la possibilità che le microplastiche hanno di trasportare alcuni farmaci (e microorganismi).
Questo determina un’estensione del rischio praticamente imprevedibile, pertanto è necessario fare in modo che, durante il “tragitto”, ci siano “barriere naturali” in grado di limitare la diffusione del rischio.
La redistribuzione ragionata ed attenta di una pianta acquatica come la Salvinia molesta può aiutare a ridurre il rischio complessivo di resistenza ai farmaci, almeno in presenza di determinati antibiotici.
Una Soluzione “Verde” Con 2 Effetti Positivi
L’applicazione della Salvinia molesta è dunque importante per due motivi.
Il primo, la possibilità di rimuovere un rischio per l’ecosistema, rappresentato proprio dalla stessa Salvinia.
Infatti, anche in chiave di economia circolare, sarebbe molto importante creare un circuito virtuoso che preveda l’estrazione della pianta dove è invasiva ed un immediato invio alle aree a rischio per la presenza di farmaci, come la ciprofloxacina.
L’altro motivo, è la possibilità di agire sia in modo diffuso sul territorio, in caso di rischio aspecifico, sia a livello molto circoscritto, come nel caso dell’aquacoltura.
Addirittura, è possibile “purificare” l’acqua di singole vasche per l’allevamento dei pesci, qualora vi sia il rischio che l’acqua possa contenere residui di ciprofloxacina.
E’ dunque una strategia che va tenuta ben presente sempre, soprattutto in aree di documentata presenza di farmaci nell’ambiente.
Conclusioni
Grazie alla Salvinia molesta, abbiamo l’occasione di fare una cosa tanto semplice, quanto importante, sebbene il tutto debba avvenire con la massima cautela.
Siamo infatti in presenza di una pianta comunque invasiva e certo nessuno vorrebbe che la Salvinia diventasse un rischio per l’ecosistema dove deve lavorare per proteggere i pesci e la catena alimentare.
Il tema del contrasto ai farmaci nell’ambiente, così come quello alle microplastiche quando già sono diffuse, rappresenta una delle sfide più importanti del presente e del prossimo futuro.
La riduzione a monte (dunque ridurre l’immissione di farmaci nell’ambiente) è la base di partenza, ma sappiamo bene che non basta.
Una certa quota di principi attivi sarà sempre presente nelle varie matrici ambienteli, pertato è la natura stessa a dover intervenire facendo da filtro in molte occasioni.
Il nostro ruolo deve essere solo quello di mettere nelle giuste condizioni gli elementi naturali di lavorare e di controllare per evitare rischi aggiuntivi.
Tutto il resto avverrà in autonomia.